Il Cristianesimo è un invito alla gioia

Il CRISTIANESIMO
È UN INVITO ALLA GIOIA

In quel tempo disse Gesù ai discepoli: Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lampade accese; siate come quelli che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, ti farà mettere a tavola e li servirà. E se arriva nel mezzo della notte o prima dell’alba e li trova pronti beati loro! Sappiate questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. E anche voi siate pronti perché il Figlio dell’Uomo verrà nell’ora che non pensate.

Lc 12,35-59

«Siate pronti, perché non sapete quando verrà il Figlio dell’Uomo». Avete ascoltato queste parole di Cristo? Spero che un giorno, qui alle Stinche, riusciremo a parlare insieme, cioè a stabilire un dialogo, perché a me interesserebbe moltissimo sapere le impressioni che la lettura di questo brano del vangelo di san Luca ha risvegliato nel vostro cuore. Sono impressioni di paura? Oppure sono impressioni di gioia? Che cos’è il Figlio dell’Uomo? Cos’è questa manifestazione improvvisa che avverrà nella nostra vicenda terrena per ciascuno di noi? Io, spesso, quando leggo il Vangelo sono preso da un grande senso di sgomento, non per le parole del Vangelo, ma per tutte quelle pesantezze che nascono dalle nostre paure e che vi abbiamo depositato come interpretazioni. Se percorrete un qualunque libro di meditazioni cristiane, troverete queste parole del Vangelo di Luca come introduzione alla meditazione sulla morte: siate pronti, perché non sapete in che momento verrà la morte.

Penso che abbiamo introdotto una gravissima deviazione nella lettura del Vangelo e nella nostra vita cristiana, e che essa ci ha deformati. Abbiamo paura della morte, del giudizio di Dio, abbiamo paura dell’inferno, temiamo il purgatorio e speriamo di andare in un cantuccino del paradiso. E queste parole ci mettono in uno stato di allarme.

E se io vi dicessi che queste parole di Cristo non sono una sollecitazione alla paura, al timore, allo sgomento? Ma sono un invito alla gioia, ad affrontare la vita con un sentimento differente, non di paura, di timore, di angoscia, ma con un sentimento di gioia? Nelle parole di Cristo la vigilanza è chiesta come atteggiamento di spirito nell’attesa della venuta dello Sposo. Arriverà improvvisamente, lo Sposo. Mica la morte! Lo Sposo! E quando la sposa si prepara per il giorno delle nozze e attende nella sua casa paterna il momento in cui lo sposo andrà a prenderla per condurla al matrimonio, ha forse paura? Chi di voi si è sposato e ha sperimentato questa attesa trepidante sa benissimo che non c’è paura, timore, ma gioia. Inizia una nuova vita, avverrà l’incontro con lo sposo, principierà una vita d’amore più pieno e più completo tra i due.

Credo che queste parole di Cristo debbano essere interpretate così. E anche tutto il cristianesimo, che è un invito alla gioia, non è un invito al timore, alla preoccupazione della morte. Noi in ogni istante dobbiamo essere aperti alle manifestazioni della vita per partecipare a quanto di bello, di gioioso, di nobilmente forte ci offre la vita. Pensate a quante storture emotive, sentimentali, e anche mentali, sono state introdotte da questa visione pavida della vita che ci stata data da un cristianesimo formato e indirizzato da persone che avevano paura della vita.

Ma sapete che noi non riusciamo pin a guardare con gioia una bellezza qualunque della natura? Fin da ragazzi ci abituano a mortificarci. C’è la rosa che sboccia, bella: non la guardare, per offrire un fioretto a Gesù! Ma sapete che quando sboccia una rosa, Dio tripudia per la bellezza di questa rosa e questa rosa diventa più bella perché sa che Dio gioisce della sua bellezza? Non sappiamo più guardare un volto umano con serenità e con gioia, specialmente se è bello, perché abbiamo paura. Chissà di che cosa! Ma se la bellezza fiorisce, fiorisce anche per la gioia dei nostri occhi. E quando la bellezza, attraverso gli occhi, scende nel nostro spirito, ci costruisce, ci porta a uno sviluppo interiore, a uno sviluppo di sensibilità di cui abbiamo continuamente bisogno nell’esistenza.

Ci sono stati nel Rinascimento pittori che hanno dipinto delle bellissime figure, poi avanzato questo timore nella coscienza cristiana e hanno rivestito queste pitture: un pittore, che non uno dei migliori della Toscana, Daniele da Volterra, fu soprannominato “brachettone”, perché venne chiamato a Roma dal papa Paolo IV per mettere le brache a tutte le pitture che Michelangelo e altri avevano dipinto nella Cappella Sistina e nelle Stanze di Raffaello: la paura della bellezza.

Noi dobbiamo ritrovare il senso della gioia. Perché cosa ci attende nel nostro cammino religioso? Ci attende la piena e totale fioritura del nostro essere personale: in noi ci sono numerose forze germinali, allo stato di seme, che devono crescere, devono svilupparsi. E quando avverrà l’incontro nostro con il Figlio dell’Uomo, con lo Sposo che viene, sarà un incontro che verrà determinato dalla fioritura di tutto nostro essere. Ma non aspirate voi a più bellezza? Le piccole bellezze che riusciamo a costruire ci lasciano insoddisfatti e vogliamo andare oltre, a una bellezza più piena, più completa, più perfetta, più totale, che ci soddisfi pienamente! Ma non aspirate voi a una vita sempre più viva, più intensa, più ardente, più forte? Ma non aspiriamo noi a una libertà sempre più piena? Non aspiriamo noi a un avvicinamento degli uomini con sempre più rispetto, più attenzione, più venerazione? Non aspiriamo noi a un amore sempre più sconfinato? Come ci stancano i piccoli amori! I piccoli amori egoistici! Chiusi in noi stessi, chiusi nel piccolo ambiente familiare che abbiamo costruito con tanta pazienza, chiusi anche nelle nostre piccole chiese. In noi c’è una pulsione che ci porta a un amore che abbracci tutto il creato, e tutti gli uomini, e tutte le creature.

Vedete, in noi ci sono queste pulsioni, e lavorare cristianamente nel nostro essere, essere svegli, pronti, con le lampade accese, come ci dice Cristo, significa portare avanti queste energie che sono in noi. Quindi non dobbiamo aver paura. Un cristiano che ha paura della vita non è un cristiano. Un cristiano che ha paura della bellezza non è un cristiano. Un cristiano che ha paura della libertà non è un cristiano. Un cristiano che ha paura dell’amore e limita il suo amore non può essere un cristiano. Cristo ci dice: Io sono venuto a portarvi la vita perché abbiate una vita più abbondante. Mi direte: allora dobbiamo cambiare il mondo? Dobbiamo cambiare noi, noi stessi, perché ognuno di noi è chiamato a dischiudersi nell’ infinita pienezza di vita che è Dio. E il nostro incontro sarà un incontro di gioia, come l’albero quando fiorisce; quella gioia che proviamo quando riusciamo a rompere dei limiti nella nostra coscienza che ci impediscono di essere più liberi, pia veri; quella gioia che proviamo quando il nostro cuore si dischiude a un amore più vasto e più sconfinato e cominciamo a guardare gli altri uomini senza fermarci alle etichette che hanno, o di partito, o di religione, o di razza, o di altre cose del genere, e vediamo, nell’altro, l’uomo. E il nostro cuore esulta per avere incontrato un uomo. Proviamo una gioia immensa. Non è così quando riusciamo a perdonare, per esempio? Cioè a non sentire più l’altro ostile, nemico, avversario, o malefico? Quando riusciamo a superare queste limitazioni che ci vengono dalla limitatezza della nostra natura, noi proviamo una gioia immensa. E queste aperture di coscienza sono l’incontro con lo Sposo, cioè con quella pienezza di vita che Cristo ci ha portato e che continuamente è pronto a darci. Ma noi purtroppo rimaniamo tranquilli, chiusi nel nostro piccolo bozzolo.

Allora mi sembra che le parole di Cristo, che vi ho letto, siano un invito alla gioia. Se noi cristiani sentissimo il cristianesimo come partecipazione gioiosa, aperta, amorosa, a tutte le manifestazioni della vita, saremmo una presenza positiva nell’esistenza, e ci libereremmo da tutte quelle paure, da tutti quegli spaventi, da tutte quelle moralizzazioni dei nostri atti che ci rendono deboli, inerti, pavidi, nell’esistenza.

Mi direte: ma la morte? La morte è un passaggio nella pienezza della vita. E se noi fossimo cristiani avremmo abolito, non il fatto della morte fisica, che avviene per necessità di cose, ma avremmo abolito la paura della morte e avremmo sostituito la parola “morte” con la parola “risurrezione”. Quando siamo nati alla vita terrena, noi siamo morti a quella vita che avevamo nel seno della nostra madre. La nascita è una morte, cioè un passaggio da un modo di vita a un altro modo di vita. E così anche la morte è un passaggio da una vita più limitata, da una vita condizionata dai sensi, condizionata dalle nostre limitate facoltà, a una vita più ampia, più vasta, più immensa. Questo è l’incontro con lo Sposo.

Sentite la vita come un’onda potente di gioia, di amore, di
libertà, di bellezza, che vi viene continuamente incontro. Se siamo svegli, accoglieremo sempre la vita come il primo giorno che i nostri occhi si sono dischiusi alla bellezza dell’universo. Mi direte: ma ci sono le cattiverie degli uomini, ci sono le crisi, ci sono le guerre. Queste ci sono, sapete anche perché? Perché noi non siamo capaci di introdurre nella coscienza degli uomini questo movimento di gioia. Perché quando io guardo la vita con gioia, la rispetto e la amo; quando guardo gli uomini con gioia, li rispetto e li amo.

Ecco, dobbiamo ritrovare pazientemente questa realtà che è nella vita e che Cristo ci ha dischiuso: siamo chiamati alla gioia, siamo chiamati a una gioia sempre più sconfinata e più infinita, a un amore sempre più intenso e più profondo e più vasto, a una libertà che in noi è ancora in uno stato di sogno, ma quando la raggiungeremo sentiremo dilatare tutto il nostro essere personale in uno spazio impensato, in uno spazio luminoso e nuovo.

Ecco, sia così la nostra vita. Vivete la vostra vita cristiana con questo totale senso di gioia, senza aver paura di niente, senza limitare la vostra coscienza, o appesantire la vostra coscienza con tutte quelle ombre che non nascono da Dio, ma nascono da coloro che hanno interpretato la parola di Dio e, non essendo tutti uomini liberi, uomini maturi, uomini pienamente fioriti nella pienezza della vita che dovevano raggiungere, hanno interpretato il cristianesimo e hanno interpretato la nostra fede secondo le loro misure pessimistiche, tristi, pavide.

Siamo chiamati alla vita, a una vita sempre più intensa; siamo chiamati alla gioia, a una gioia sempre più vasta e forte. Questo lo dobbiamo sentire e, soprattutto, lo dobbiamo vivere giorno per giorno. Questa è la mia interpretazione personale. Ma credo che se noi non cominciamo a risentire il cristianesimo come gioia, come cristiani siamo falliti. Non dobbiamo predicare la morte, né l’inferno, né il peccato. Dobbiamo dire agli uomini: noi, come Cristo, siamo sulla terra per portare la vita e per intensificare tutte le manifestazioni della vita. Allora saremo veramente cristiani e il nostro cuore sarà vasto e i nostri polmoni respireranno in un’atmosfera, in uno spazio più immenso, e le nostre capacità di comprendere le creature saranno molto più profonde e più accurate, perché quando guardiamo con gioia un essere noi lo comprendiamo meglio di quando lo guardiamo condannandolo e recriminando. E poi, soprattutto, saremo avvolti da una intensità di bellezza che ci renderà facile la vita, che è dura, ci renderà amabile la nostra esistenza quotidiana, che è sempre pesante e dolorosa.

Questo slancio verso la vita, questo amore per la vita, questa spinta verso una gioia che deve continuamente crescere nel nostro essere, ci permetteranno di vivere in mezzo agli uomini come portatori del mistero di Dio che è un mistero di vita, che è un mistero di gioia.

g. vannucci

padre Agostino