Non amiamo a parole nè con la lingua ma coi fatti e nella verità

NON AMIAMO A PAROLE NÉ CON LA LINGUA
MA COI FATTI E NELLA VERITA’

 Dal «Trattato sulla prima lettera di Giovanni» di sant’Agostino, vescovo: 5, 11-13

«Da questo abbiamo conosciuto l’amore». Qui parla della perfezione dell’a­more, di quella perfezione che ci è stata raccomandata: «Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16). Ecco da dove veniva: Pietro, mi vuoi bene? Pasci le mie pecore (cfr. Gv 21, 16).

Affinché comprendiate come voleva che pascesse le sue pecore, cioè fino a dare per esse la vita, subito aggiunse: «Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». «Questo gli disse, aggiunge l’evangelista, per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (Gv 21,18-19). A colui al quale aveva detto: «Pasci le mie pecore» insegnava a dare la vita per le sue pecore.

Fratelli, da dove ha inizio la carità? Prestate attenzione: avete sentito dove giunge la sua perfezione, il Signore stesso nel vangelo ce ne ha presentato il termine e il modo: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Nel vangelo, quindi, ci rivelò la perfezione della carità, e qui ce la raccomanda. Ma vi interrogate e vi chiedete: quando possiamo avere questa carità? Non voler disperare troppo presto di te stesso; forse in te la carità è appena nata, ma non è ancora perfetta. Nutrila, perché non abbia a venir meno.

Ma potrai dirmi: Da dove la conosco? Abbiamo sen­tito in che consiste la sua perfezione; ascoltiamo da dove trae inizio: «Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?» (1 Gv 3,17). Ecco da dove incomincia la carità. Se ancora non sei capace di morire per il fratello, sii disposto a dare al fratello una parte dei tuoi beni. Ma forse dirai: che importa a me? Dovrò dare il mio denaro perché egli non soffra l’indigenza? Se la tua coscienza ti suggerisce queste cose, non abita in te l’amore del Padre. Se l’amore del Padre non abita in te, non sei nato da Dio. Come ti puoi gloriare di essere cristiano? Ne porti il nome, ma non possiedi i fatti.

Se invece il nome è seguito dalle opere, ti chiamino pure pagano, tu coi fatti di­mostra di essere cristiano. Se non ti mostri cristiano coi fatti, anche se tutti ti chiamano cristiano, a che ti giova il nome quando ad esso non corrisponde la realtà? «Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1 Gv 3,17-18).

padre Agostino