Libertà e Morte

Per quanto la morte sia naturale, il sentimento avverte che non è mai giusto che una persona con la sua irripetibile singolarità non ci sia più. La vita vuole vivere, è slancio che sente di essere destinato all’infinito e per questo avverte sempre con amarezza il suo e l’altrui spegnimento.


Siamo al cospetto di una contraddizione: la morte è giusta, la morte è ingiusta. E in questa contraddizione strutturale tocchiamo la dinamica più volte segnalata di logos + caos, la tensione che porta la vita a essere sempre inquieta e sempre in drammatica evoluzione. Ma proprio a causa di questa oscurità, il modo con cui ci si dispone ad affrontare l’inevitabile naufragio della morte è uno dei passaggi decisivi della libertà. Sintetizzando una delle le­zioni più decisive della filosofia antica e anche della spiritualità cristiana, Montaigne affermava al riguardo che “fi­losofare è imparare a morire”, e poi specificava: «La me­ditazione della morte è meditazione della libertà. Chi ha imparato a morire, ha disimparato a servire. Il saper mo­rire ci affranca da ogni soggezione e costrizione”.
Vedere deperire la propria forza fisica e intellettuale, e altri più giovani e ora più forti prendere il nostro posto, e tuttavia non recriminare acidamente sul corso delle cose ma continuare ad amare il mondo e la vita: questo significa imparare a morire. Vedere appassire la propria grazia e la propria bellezza, e altre persone più giovani e ora più avvenenti catturare gli sguardi prima indirizzati a noi, e tuttavia continuare ad amare il mondo e la vita: questo significa imparare a morire. Sentire sul proprio corpo e nella propria mente i segni dolorosi e umilianti della decadenza e tuttavia non smettere di meravigliarsi e di ringraziare per il dono della vita: questo significa im­parare a morire.
Imparare a morire significa anche comprendere che la morte è naturale, in quanto la vita è un processo che pre­vede una maturazione progressiva e poi una degenera­zione programmata. La morte cioè non è intervenuta a seguito del peccato umano, ma è piuttosto inscritta da sempre nella logica di questa vita. Accettare questo dato segno di sapienza e genera libertà. Noi siamo qui grazie al lavoro e alla morte di altri, e siamo chiamati a lavorare e a morire per l’esistenza di altri. Questa è la logica che la vita ci consegna. Accettarla significa «rinnegare se stes­si» (per riprendere la nota espressione di Marco 8,34), cioè non fare del proprio ego il centro del mondo, bensì porlo al servizio di qualcosa di più grande.

v. mancuso
padre Agostino